Bologna, quarant’anni dopo.
Era una mattina di inizio agosto del 1980. Una moltitudine di passeggeri affollava la stazione centrale del nostro capoluogo: chi correva al binario indicato nei tabelloni; chi cercava i propri parenti all’uscita; e chi, magari con la spensieratezza tipica della stagione estiva, sedeva nella sala d’attesa di seconda classe, attendendo un treno su cui non sarebbe mai salito.
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