Memorie del territorio: Albertario, Randa e Nerone

Don Pasquino Borghi “Albertario”, fucilato il 30 gennaio 1944 al poligono di tiro di Reggio Emilia.

Il suo coraggio è insegnamento, oggi, per tutti noi, per tutti coloro che sentono la responsabilità non solo come impegno personale, ma anche come valore collettivo. Il suo silenzio nel patimento delle più orrende torture che infuse coraggio e forza ai sui compagni di carcere è insegnamento, oggi, per chi invece urla e rincorre paura e debolezza.

I fatti della Resistenza reggiana ci testimoniano una saldatura forte e solidale tra territori della montagna e della pianura. Il riconoscimento dei martiri impregna la toponomastica del nostro tessuto urbano, i quartieri della città, i villaggi popolari assumono dopo la Liberazione i nomi dei partigiani caduti.

Così è accaduto per il Villaggio Stranieri, e anche per il rione costruito sulla Via Emilia a Villa Ospizio: il Rione Don Pasquino Borghi.
Venne inaugurato a metà degli anni ’50 da Ermanno Dossetti fratello minore di Giuseppe, artefice della nostra Carta Costituzionale.
La scelta sottendeva una motivazione significativa: così come Don Pasquino Borghi aveva dato asilo e aiutato i partigiani nella sua canonica, così la città di Reggio Emilia decise di intitolargli un nuovo quartiere destinato ad accogliere famiglie numerose.

Nel tempo questo rione, che conserva una scultura ed una lapide dedicate a Don Pasquino Borghi, inizialmente concepito come “quartiere giardino”, ha cambiato pelle.
Ha mantenuto però la sua caratteristica di quartiere popolare, dove da sempre abitano persone diverse tra loro per età, per cultura, per religione, e per provenienza geografica.

E’ un quartiere che ci piace e che abbiamo adottato come Circoscrizione proprio per queste plurime appartenenze, lavorando assiduamente con gli operatori di strada e i servizi sociali per costruire un senso di condivisione attorno ai diversi bisogni che gli abitanti ci hanno segnalato. Un’esperienza di costruzione di cittadinanza che ci ha visto protagonisti di numerose iniziative di grande partecipazione.
La memoria di Don Pasquino Borghi ci ha aiutato a combattere la paura delle differenze, a vivere la dimensione dell’accoglienza ad assumere anche i momenti di conflittualità come una risorsa per costruire relazione responsabili.
Un duro lavoro che però ha lasciato in noi anche molta soddisfazione, soprattutto quella di stare vicino ai tantissimi bambini e ragazzi che qui abitano.

Roberta Pavarini
Presidente Circoscrizione Nordest

All’alba dell’8 gennaio 1945 avanguardie di una colonna tedesca, mimetizzate e favorite dalla scarsa visibilità, raggiunsero il torrente Secchia attraverso la strada Gatta-Felina. In località San Bartolomeo era stato istituito un servizio di vigilanza al ponte della Gatta, situato in una stalla ed affidato ad una squadra del Distaccamento “Pigoni”.

Probabilmente conoscendone l’ubicazione, i tedeschi attraversarono inosservati il Secchia, aggredendo ed uccidendo immediatamente le due sentinelle Vasco Madini “Fulmine” e Sergio Stranieri “Randa”.
Prima di morire, uno dei due giovani partigiani riuscì a dare l’allarme, ma i nazisti erano già troppo vicini, così il restante del Distaccamento tentò un rapido quanto improbabile sganciamento.

Scesero verso il greto del torrente Secchiello seguendone la riva sinistra, col proposito di raggiungere il grosso del Distaccamento “Pigoni” fermo a Sonareto. Tuttavia la neve molto alta ed il terreno accidentato, resero il loro cammino molto lento e disagevole.
I nemici marciarono invece più speditamente sulla strada sovrastante che porta a Carniana, riuscendo a precederli e catturandoli facilmente.

Uno solo si salvò, mettendosi a riparo sotto un ponticello in muratura, mentre tutti gli altri vennero condotti all’interno della semidiroccata Villa Marta e là torturati ed uccisi.
Fu così che oltre alle due sentinelle morirono: Aldo Bagni “Nerone”, Angelo Masini “Tonino”, Arturo Roteglia “Ellas”, il sabotatore Manlio Bruno “Costantino”, la staffetta del Comando Unico Ruggero Silvestri “Jena”, Aristide Sberveglieri “Tallin” e Armando Ganapini “Lazzarino”.
I graduati Gino Ganapini “Leone” e Carlo Pignedoli “Mitra” vennero invece tradotti nelle famigerate carceri di Ciano e successivamente fucilati il 26 gennaio ’45.

Il ricordo va agli 11 partigiani che 69 anni fa hanno perso la vita per amore della loro Patria, nel tentativo di ridare la libertà al nostro Paese.
Tra questi Sergio Stranieri detto “Randa”, 21enne operaio alle “Reggiane”, partigiano da soli 9 giorni, che abitava a Reggio Emilia in quello che ha preso il suo nome: Villaggio Stranieri (al tempo Quartiere Ciano).
Alla sua memoria è stato anche dedicato il Centro sociale “Sergio Stranieri” di via Don L. Sturzo, inaugurato nel 2005.

Con lui, Aldo Bagni detto “Nerone” anche lui giovane operaio delle “Reggiane” che abitava alle Case Vecchie di San Maurizio.
Tutti loro sapevano di rischiare la vita, ma non hanno esitato a combattere per garantire all’Italia intera un futuro migliore fatto di democrazia e libertà.

Non bisogna rischiare di allontanarsi dal ricordo di quel periodo e di quei valori che ci hanno portato alla liberazione dalla dittatura fascista e alla fondazione di una democrazia che ha come base la Costituzione.
Per questo credo che il modo migliore per onorare il loro ricordo sia quello di riflettere sui valori della democrazia moderna e della nostra Costituzione.
Valori che sono stati messi in crisi in questi ultimi anni da governi guidati da persone inadeguate, che hanno pensato sempre troppo spesso al bene proprio più che a quello comune, mettendo in bilico soprattutto i valori di uguaglianza, libertà e giustizia per i quali in molti si sono duramente battuti durante la Resistenza, perdendo la vita.

Ricordare, giudicare, prevedere.
Ricordare la storia ricostruendola con metodo, cura, passione, verità e onestà (carte e documenti alla mano).
Giudicare con coraggio secondo coscienza e intelligenza poiché non si può restare eternamente super partes.
Prevedere e riconoscere la direzione presa e le mete cui conduce.

Se si ricorda e si giudica correttamente, le previsioni, per noi e per il nostro Paese, non potranno essere che delle migliori e i sacrifici di tanti come “Rand”a o “Nerone” e tutti gli altri daranno, meglio che nelle pur necessarie celebrazioni di rito, il loro – seppur tardivo – frutto.

Viva l’Italia, viva la Resistenza.

Christian Vergalli

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